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Sfruttare i legami deboli nei Social Network

Scritto da Marco Panichi il Aggiornato il

Come ho esposto nella pagina La forza dei Legami Deboli, le ricerche ci dimostrano che i legami deboli possono avere un impatto considerevole sulla nostra vita lavorativa e sociale.

Ora sorge però una domanda spontanea: come posso sfruttare questo concetto nell’era dei Social Network?

Proverò a dare una risposta che sia utile a vari ambiti lavorativi: lavoro dipendente, Social Media Marketing e gestione d’azienda. Vamos!

Privati: Trovare lavoro dipendente con i legami deboli

La teoria dei legami deboli mi può aiutare a trovare lavoro? Per rispondere a questa domanda ti basti pensare che la teoria ha avuto origine da una domanda ben precisa: che ruolo ha la nostra rete di contatti quando cerchiamo un lavoro?

E’ per dare una risposta a tale quesito che si è giunti a capire che la gran parte dei lavori si trovano grazie a legami deboli, ossia grazie ad amicizie sporadiche, collocate alla periferia della nostra rete sociale.

I consigli quindi sono:

  • Esci dalla solita cerchia di amicizie – Chiedi amicizia / collegamento a persone semi-sconosciute (magari c’è stato un contatto sporadico prima) che siano in linea con i tuoi obiettivi lavorativi.
  • Diversità – Ciò nonostante non devi disdegnare settori lavorativi differenti da quello di tuo interesse. Ricorda che non stai puntando al contatto debole in sé, ma a tutta la sua rete di contatti.
  • Pubblica nei social la tua intenzione – Pubblica un post nel social network da te maggiormente frequentato. Questo post, che sembrerà inutile alla tua cerchia di contatti stretti, in realtà punta ad attirare l’attenzione di conoscenti periferici, tra i quali può nascondersi un utente interessato alla tua proposta.
  • Interagisci nei gruppi sociali – I gruppi sociali sono “luoghi” ottimi dove “sfoggiare” le tue competenze verso persone che coltivano interesse per il medesimo ambito lavorativo. Questo ti porterà a farti conoscere e riconoscere, aumentando la tua visibilità presso impiegati delle aziende potenzialmente interessate ad una tua candidatura.
  • Interagisci nelle pagine delle aziende – Entrare in contatto nei canali delle aziende, sempre con il dovuto tatto e tono, ti permette di farti conoscere e aprire quindi la strada ad un eventuale dialogo di approfondimento.

Freelance: Trovare clienti per la tua attività professionale personale

Se sei un libero professionista certamente valgono tutti i consigli offerti al punto precedente: allarga la tua rete, diversifica, interagisci nei gruppi, interagisci con le aziende (stavolta non per trovare lavoro dipendente ma opportunità di collaborazione).

E’ doveroso però applicare delle differenziazioni: infatti nel caso del privato il carico imprenditoriale è tutto sulle spalle dell’azienda; questo comporta che l’azienda non si aspetta da te “altro” se non le capacità e l’attitudine a svolgere il lavoro necessario (che non è poco sia chiaro). Nel caso del professionista, a quanto detto, si aggiunge che l’azienda si aspetta un’infrastruttura imprenditoriale da parte tua. Se ci pensi, l’azienda che cerca il freelance vuole di fatto sbolognare in outsourcing una parte di lavoro, limitando al minimo le preoccupazioni.

In sostanza è bene che tu costruisca e coltivi  il tuo personal brand e che lo declini su tutti i livelli della tua attività: professionalità, puntualità, procedure chiare e veloci, competenze ben delineate, risultati da mostrare. Questo comporta profili sociali debitamente compilati, eventuale sito web personale e soprattutto l’uso di un tono congruo al tuo brand quando ti rapporti con gli altri nei social media, SEMPRE.

Ulteriore differenza: se nel caso del privato andremo a pubblicare un post “annuncio” 1-3 volte, nel caso del freelance dobbiamo prevedere una sorta di strategia editoriale nel nostro profilo personale. Tale strategia si potrebbe comporre di un ciclo di 5 post:

  • 1 Post professionale: dove celebriamo una meta raggiunta, un lavoro terminato, una certificazione conseguita, l’emozione di partecipare ad un convegno, o anche semplicemente un momento leggero e simpatico durante l’attività lavorativa. Tale post NON VENDE NIENTE ma ribadisce un concetto importante: “Sono Tizio, il mio lavoro è X e lo faccio con questo spirito”, a vantaggio del proprio brand personale
  • 4 Post privati: si tratta di post simpatici, che non devono essere risultato di uno sforzo comunicativo, ma al contrario di una genuina necessità umana di raccontarsi e confrontarsi col mondo esterno. Può essere la foto del gatto come quella della vacanza di famiglia; un raggio di sole sulla scrivania, la canzone che abbiamo sentito alla radio. L’importante è tenere a mente questi punti: non prendere posizioni (politiche, ideologiche, di razza, sesso, ecc) ed avere un atteggiamento positivo. Lo scopo di questi post è quello di aumentare la propria visibilità, così da garantire altrettanta visibilità ai post professionali, destinati per loro natura ad essere “ghettizzati” dagli algoritmi dei vari social media channels. Ultima raccomandazione: questi post devono essere in linea col carattere del brand; se vendiamo carne surgelata non sarebbe producente postare un link sulla dieta vegana, non so se mi sono spiegato.

Oltre a questo lavoro di branding nei social media, ti consiglio di leggere i miei appunti del libro “Non mangiare mai da solo”, pubblicazione secondo me molto valida per gettare le basi di un qualsiasi lavoro di networking (nell’articolo linkato trovi anche gli appunti sintetici in formato PDF).

Aziende: comunicazione più cosciente, maggiori risultati

Molte aziende, sul consiglio sbagliato di qualche agenzia/professionista (*), cercano di costruire una fan base (base di fan) per poi trattarla come un “recinto di proprietà”, usando le parole di Giovanni Cappellotto nel suo articolo “I social network hanno la forza dei legami deboli”. Questa concezione, che è uno strascico del vecchio paradigma di marketing dove l’azienda “urla il prodotto” al proprio pubblico, è oramai quanto di più anacronistico ed errato si possa attuare. (*) Nota: ho detto consiglio sbagliato e NON professionista sbagliato! Anche il professionista più preparato può dare consigli sbagliati.

Sfruttando la teoria dei Legami Deboli possiamo ricavare tutta una serie di accortezze capaci di aumentare i risultati della nostra comunicazione:

  • Trasversalità dei contenuti – Per quanto il nostro settore aziendale sia univocamente definito, possiamo sempre usare la creatività per collegare il nostro prodotto a svariati ambiti. E’ quanto fanno le grandi aziende, come puoi vedere nei miei articoli-idea per post su Facebook ispirati da Barilla e da Bauli. Questo ci garantisce di aprire un dialogo con varie cerchie di persone, andando a diversificare la nostra rete d’ascolto.
  • Eliminare le distanze e rispondere a tutti – L’azienda sul palco che grida con il megafono non c’è più, abbiamo detto. Ora l’azienda scende dal palco e parla con le persone, ed anzi deve sottostare alle urla delle persone, delle loro domande ansiose, delle loro recensioni più dure, dei loro dilemmi più intricati. La concorrenza non lo fa? MEGLIO! Questa è una grande opportunità per aprire dialoghi “deboli” ma che sono in realtà ponti verso le reti di contatti degli utenti, ponti pronti a veicolare un passa-parola efficacissimo e gratuito.
  • Investire sui profili personali degli amministratori – Questa tattica l’ho maturata, cresciuta e razionalizzata nel tempo e ad oggi la ritengo una delle migliori per ottenere risultati tangibili. Da un lato credo molto su questa tattica perché la visibilità organica (ossia, non a pagamento) delle pagine è quasi nulla. Dall’altro ci credo perché i social network sono catalizzatori potentissimi di legami deboli e ogni post pubblicato nei profili degli amministratori può giungere a periferie recondite del network, portando lontano il brand aziendale. Come fare? Vedi la strategia consigliata per i freelance: 4 post personali e 1 post che parla dell’azienda dove si lavora.

Aziende: connessioni interne

Un capitolo a parte va speso per l’opportunità che i legami deboli rappresentano per le aziende con uno staff “disperso”, sia essa una dispersione geografica (più sedi a distanza considerevole l’una dall’altra), sia invece di tipo ideologico (reparti che tendono ad isolarsi).

Ad offrire questo punto di vista interno è l’articolo “The Collaborative Organization. Parte Seconda: La forza dei legami deboli” di Marco Minghetti, che ti invito a leggere per approfondire.

Non mi dilungo oltre su questo punto perché rischierei di copiare l’articolo del collega senza aggiungere nulla di nuovo. Concludo soltanto riportando la citazione di Andrew McAfee riportata da Minghetti: “I ponti servono a risolvere problemi, condividere informazioni e prendere confidenza con idee non familiari. Aiutano a lavorare meglio e più velocemente”.

Conclusione

Viviamo in un mondo interconnesso grazie ad internet e ai social network. Molte persone sono spaventate o persino inorridite dal potere dischiuso da tali strumenti.

Io invece sono molto ottimista! Nei social si riversano molti contenuti inappropriati è vero, ma si tratta dell’onda che attendeva gigantesca dietro alla diga dei nostri vecchi sistemi di comunicazione. Ora quest’onda sta scemando portandosi dietro fango e macerie. Domani ripuliremo le macerie e rimarrà un limpido flusso di informazioni disponibile a tutti, grazie ai legami deboli.

Per cui, guardiamo a questi nuovi strumenti con animo sereno e maggior competenza possibile, competenza che spero di averti tramandato in parte con questa mia pagina.

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